Nulla la promessa del coniuge di non mettere mai in discussione l’assegno divorzile

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Nulla la promessa del coniuge di non mettere mai in discussione l’assegno divorzile

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La promessa unilaterale scritta attraverso la quale il coniuge tenuto a versare l’assegno all’ex si impegna a non metterne mai in discussione l’importo è nulla e non può essere fatta valere in giudizio. E’ quanto ha stabilito la Corte di Cassazione nella sentenza 4 novembre 2010, n. 22505.

Secondo l’orientamento dominante in giurisprudenza, la natura eminentemente assistenziale attribuita all’assegno divorzile, in conseguenza della riforma del 1987, ne ha rafforzato il carattere di indisponibilità, conferendo il crisma della definitività all’assunto relativo all’invalidità degli accordi preventivi, stipulati in vista del successivo divorzio.

In realtà, non sono mancate voci in senso contrario, sostenute dal giudice nomofilattico, secondo le quali, ferma restando la portata generale del principio relativo alla nullità degli accordi relativi al regime giuridico post-matrimoniale, che pregiudicano o comunque limitano i diritti dell’ex coniuge richiedente l’assegno, tuttavia tale principio non troverebbe applicazione qualora detti accordi tornino o possano tornare a vantaggio del coniuge economicamente più debole.

Ben prima della riforma avvenuta nel 1987, con la legge n. 74, i giudici della Suprema Corte avevano risolto definitivamente, in senso negativo, il problema della validità degli accordi preventivi di divorzio, considerandoli, a prescindere dalla problematica più generale relativa alla disponibilità dell’assegno, nulli per illiceità della causa. Tali accordi, infatti, non avrebbero ad oggetto meri aspetti patrimoniali conseguenti allo status di coniuge divorziato, bensì lo stesso status di coniuge, con l’effetto inevitabile di condizionare il comportamento delle parti nel successivo giudizio di divorzio.

Principio, quest’ultimo, sostanzialmente confermato dai giudici di legittimità nella sentenza che qui si annota, secondo i quali, l’art. 9 della legge n. 898 del 1970, come modificato dalla legge n. 74 del 1987, art. 13, nel consentire in ogni tempo la revisione delle condizioni di divorzio, rende evidente che in tale ambito il giudicato è sempre “rebus sic stantibus“, ossia modificabile in caso di successive variazioni di fatto.

Anche la possibilità d’intendere la dichiarazione dell’ex marito come rinuncia a tale diritto di revisione, oltre a non trovare conforto nel dato letterale, in tal senso muto, sarebbe stata preclusa dalla nullità per illiceità della causa di un tale tipo di abdicazione, interferente sul diritto indisponibile all’assegno di divorzio, di carattere assistenziale, ed inerente a materia nella quale le decisioni del giudice, collegate anche ad interessi di ordine generale, sono svincolate dal potere dispositivo dei contendenti.

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